La crisi di governo è nell’aria. Dl sicurezza e prescrizione dividono la maggioranza, mentre Salvini vuole far ricadere su Di Maio la responsabilità di nuove elezioni. E a pagare saremo,come sempre, noi al Sud.
I gufi saranno contenti. Così come i giornaloni e gli opinionisti della prima e dell’ultima ora che dall’insediamento del governo non hanno fatto altro che sputare veleno contro l’esecutivo nella speranza, attualmente sembra concreta, che l’esperienza giallo-verde giungesse al capolinea in tempi rapidi. I pomi della discordia sono il decreto sicurezza e l’abolizione della prescrizione per i reati di stupro, truffa e spaccio i quali hanno generato un muro contro muro tra Di Maio e Salvini. Anche se in queste ore il decreto sicurezza viene approvato al senato (per poi passare alla camera) con il voto di fiducia (163 sì, 59 no) a mio modesto avviso i problemi della maggioranza sono ben lungi dall’essere risolti. Lo dimostra l’abbandono dell’aula da parte dei dissidenti 5 stelle, ma soprattutto il fatto che Salvini, nonostante le accomodanti parole del dopo voto, non ha nessuna intenzione di concedere soddisfazione ai 5 stelle sullo stop alla prescrizione contenuto nel ddl anticorruzione. Le sue parole «Sulla prescrizione chiudiamo tra qualche ora. Tra persone ragionevoli una soluzione si trova sempre», nascondono una velata minaccia: o Di Maio viene a miti consigli o salta il banco e la responsabilità sarà sua. Che è la cosa più falsa di questo mondo.
Su “Il Fatto Quotidiano” magistrati del calibro di Nino di Matteo e Piercamillo Davigo si dichiarano apertamente a favore dello stop alla prescrizione affermando che in questo modo si accorcerebbero i processi, ma soprattutto se ne affronterebbero sempre meno di nuovi. Si chiama certezza della pena, una cosa che l’Italia da 30 anni a questa parte si sogna.
Salvini in realtà ha tutto da guadagnare dalla capitolazione del governo dato che il vero problema è un altro: le autonomie differenziate. Ma ci arriveremo tra un attimo. Prima vorrei brevemente dedicarmi all’abolizione della prescrizione contenuta nel ddl anticorruzione per spiegare ai lettori alcuni particolari. Su “Il Fatto Quotidiano” magistrati del calibro di Nino di Matteo e Piercamillo Davigo si dichiarano apertamente a favore dello stop alla prescrizione affermando che in questo modo si accorcerebbero i processi, ma soprattutto se ne affronterebbero sempre meno di nuovi. Si chiama certezza della pena, una cosa che l’Italia da 30 anni a questa parte si sogna. Mi spiegate perché uno stupratore, uno spacciatore o un truffatore dovrebbe godere della prescrizione del suo reato perché la giustizia italiana è lenta? Non si tratta di essere giustizialisti, ma giusti. L’emendamento dei cinque stelle prevede che dopo la sentenza di primo grado, indipendentemente dal suo esito, qualora si voglia ricorrere, lo si possa fare ma senza il “privilegio”della prescrizione.
Vogliamo che i colpevoli paghino o che restino ingiudicati e quindi impuniti? La risposta la deve dare Salvini.
Attualmente, invece, si mira ad allungare i processi al secondo e al terzo grado di giudizio, riponendo le speranze proprio sul fatto che il reato venga prescritto. Di fatto se ciò accadesse ne si uscirebbe,badate bene, ingiudicati, e non puliti! Su “Il Fatto Quotidiano” di oggi Davigo afferma: “Quando in Italia hanno introdotto il nuovo codice di procedura penale, ci hanno raccontato che avremmo avuto il processo all’americana. Ebbene: negli Stati Uniti la prescrizione si blocca con l’inizio del processo. Quasi tutti gli argomenti che sono usati in questi giorni non hanno alcun addentellato con la realtà. È l’Italia l’anomalia: abbiamo un sistema giudiziario in cui un imputato condannato in primo grado fa appello per avere ridotta la pena, ma sperando in realtà di non scontare alcuna pena, neppure ridotta, perché tanto arriverà la prescrizione”. Aggiunge poi: “Non è vero che allungando i tempi di prescrizione si allungherà anche la durata dei processi. Intervenendo sulla prescrizione i tempi si accorciano. I processi in Italia durano tanto perché ce ne sono troppi. E una causa è che ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti in attesa che arrivi la prescrizione”.E poi conclude:“Altra causa è che alcuni comportamenti che ridurrebbero la durata dei dibattimenti non sono attuati,perché per gli imputati e i loro avvocati è più conveniente puntare sulla prescrizione del reato”.
Questa è l’attuale situazione della giustizia italiana. Vogliamo cambiarla o no? Vogliamo che i colpevoli paghino o che restino ingiudicati e quindi impuniti? La risposta la deve dare Salvini. Quel Salvini che invece tenta di gettare su Di Maio la responsabilità di una probabilissima crisi di governo secondo un disegno leghista ben preciso che mira a screditarlo e a sottrarre consensi ai 5 stelle, in vista dell’approvazione delle autonomie differenziate.
Salvini sa bene che se Di Maio facesse cadere il governo sull’incostituzionalità delle autonomie, proteggendo di fatto gli interessi meridionali e quelli costituzionali, avrebbe riacquistato di colpo tutti i consensi che finora ha perso per strada.
Perché è su questo lodo che il leghista si gioca la faccia con i suoi elettori e non vorrebbe mai arrivare allo scontro con Di Maio sulle autonomie, perché sa bene che esse sono incostituzionali ed enormemente penalizzanti per il Sud se approvate, come chiedono Veneto e compagnia bella, senza la propedeutica definizione dei LEP. Salvini sa bene che se Di Maio facesse cadere il governo sull’incostituzionalità delle autonomie, proteggendo di fatto gli interessi meridionali e quelli costituzionali, avrebbe riacquistato di colpo tutti i consensi che finora ha perso per strada. Ma perché Salvini, poi, sarebbe tanto interessato a non definire i LEP? Lo si capisce molto bene da un articolo di Marco Esposito su “Il Mattino” di ieri nel quale illustra come un nuovo indicatore economico introdotto da Bankitalia (ITER – Indicatore Trimestrale Economia Regionale) riporti che “La frenata dell’economia in corso nel 2018 riguarda soprattutto l’ex locomotiva Nordest e il Centro Italia, mentre prosegue la crescita del Pil nel Nordovest e nel Mezzogiorno”, nonostante siano in aumento i divari di reddito che separano sempre di più i più ricchi dai più poveri. Il Nordest è, quindi, in crisi, mentre il Sud è in ripresa facendo utili con le minime risorse che lor signori nordisti gli lasciano. Questi sono i dati che preoccupano non poco Salvini alle prese con una frenata inaspettata per fronteggiare la quale richiede risorse indebite da sottrarre al Sud del paese: alla faccia della cosiddetta fratellanza italiana! I LEP impedirebbero una redistribuzione iniqua della ricchezza
e, finalmente, per una volta in 157 anni, non penalizzante per le nostre regioni, garantendo il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.
Salvini deve sapere che se i patti non si rispettano, prima o poi la giostra governativa si fermerà e spetta a Di Maio chiarirgli le idee, pretendendo in modo risoluto il rispetto del contratto di governo per ogni argomento in discussione, ma soprattutto pretendendo la definizione dei LEP prima di qualsivoglia autonomia.
Come si dice dalle nostre parti, caro Luigi, ci vuole un po’ di cazzimma, e a tutti noi sembra il momento giusto per mostrarla.
d.A.P.