L’inchiesta europea sui fondi Pnrr destinati a Sud spaventa i fratellastri del nord che tentano una “riappacificazione” in nome dell’interesse nazionale. Tutti uguali all’occorrenza, ma con qualche differenza.

Ieri al convegno di Confindustria a Napoli c’erano perfino Bonomi e la Carfagna. Il che fa pensare, perché a memoria d’uomo (ma potrei sbagliarmi) non risulta che il presidente degli industriali si sia mai spinto più in giù di Viale dell’Astronomia. E se mi sbaglio, sarà stato per motivazioni davvero importanti, per loro s’intende. Come il Pnrr.

Dai giornali di oggi si legge di un “volemose bene” generale predicato dal palco della Stazione Marittima, di un auspicio alla non “belligeranza” nord Sud, di un agire nell’interesse nazionale per risalire la china della crisi pandemica, prima, e di quella sistemica e patologica italiana, poi. Come infatti tradisce il titolo del convegno “Nord e Sud insieme per l’Europa”. Perché, quando si tratta di soldi, siamo tutti fratelli, salvo poi vedere chi si mette in tasca la maggior parte del malloppo. E in tal senso il titolo è già tutto un programma: perché non intitolare il convegno “Sud e Nord insieme per l’Europa”? Facezie, direte voi. E invece no! È implicito nel titolo il ruolo che nella faccenda Pnrr dovranno assumere le due aree del paese: il nord ingordo e il Sud affamato.

Eppure per la ministra delle colonie del Sud nessuna polemica è giustificabile sulla quantità delle risorse assegnate al Mezzogiorno che ribadisce essere blindate al 40% da un’apposita legge, senza rendersi conto che la “stranezza” sta proprio nell’aver dovuto fare una legge per “blindarle”. E se anche la legge sul 34% è puntualmente disattesa fin dalla sua approvazione, anche per quest’ultima non nutriamo particolari speranze. Ed è altresì superfluo ricordare alla ministra per le colonie del Sud -per il semplice fatto che non gliene frega una cippa- che la percentuale del Pnrr da destinare a Mezzogiorno, avrebbe dovuto essere ben più alta -quasi il doppio, da parametri europei- e che quel 40% in realtà è un lordo che al netto fa 19! Lo ribadiscono i governatori delle regioni meridionali -sebbene non in maniera esplicita- ai quali risponde Cirio -Piemonte- dicendo che il Sud non deve aspettarsi nulla dal nord: “Nessuno deve aspettarsi niente da nessuno, tutti devono cercare di fare la loro parte e meritarsi quelli che sono i loro spazi”. Bella storia questa, se non fosse che gli spazi conquistati dal Piemonte -e non solo- lo sono stati proprio a danno del Sud. Per Cirio non conta la quantità di euro che arrivano, ma il saperli spendere bene. Un mantra che fa venire la nausea solo a risentirlo, proprio perché sintomatico della malafede insita nella politica italiana che ben conosce, perché ne è la causa, le condizioni disagiate delle amministrazioni meridionali.

E dunque se il Sud non deve aspettarsi nulla del nord -e in realtà nulla si aspetta- anche il nord non dovrà aspettarsi nulla dal Sud che continuerà a reclamare ciò che gli spetta di diritto a partire dai LEP, dal deciso no all’autonomia differenziata, dal potenziamento delle amministrazioni locali, dalla costruzione di adeguate infrastrutture per un adeguato sviluppo del territorio. E chi più ne ha più ne metta.

Proprio l’intervento di Cirio, inoltre, fa comprendere quanto sia di facciata il “volemose bene” predicato da Bonomi che nell’affermare come il Pnrr sia una questione industriale che riguarda tutto il Paese, aggiunge che “Per noi il Mezzogiorno è fondamentale: siamo stati i primi a volere che si identificassero le risorse destinate a quest’area.” E come dargli torto? Senza il loro intervento, infatti, -coadiuvato internamente da Salvini prima e Renzi poi- al Sud sarebbero arrivate risorse per ben più del 19%. Ovviamente governi Conte permettendo e magari grazie all’intervento di una insolita quanto meridionalista manina che anziché togliere, come sempre accade, avrebbe aggiunto.

Non lo sapremo mai, proprio grazie a Bonomi che però richiama tutti alla coesione nazionale come presupposto decisivo per la ripartenza del Paese. Quel che conta, infatti, è solo la capacità di far crescere il pil del 4% all’anno; che sia per l’80 per cento al nord e per il 20 al Sud, poco importa perché ognuno avrà fatto la propria parte come può: il nord con le risorse del Sud e il Sud, al solito, senza risorse.

In barba alla coesione territoriale, dunque, Bonomi predica, con una faccia tosta più tosta del solito, di un Sud per l’Italia e non per il Sud. E lo viene a dire proprio a noi? Non siamo noi che dagli anni ’90 siamo in parlamento per dividere il paese; non siamo noi che abbiamo fatto un referendum per chiedere la secessione economica del Nord dal resto del paese; non siamo noi ad aver inserito nella NADEF l’autonomia differenziata, ma soprattutto non siamo noi a distrarre deliberatamente 60 miliardi l’anno di spesa pubblica dal Sud. Questo Carletto lo sa? Certo, ma se ne guarda bene dal parlarne invocando misure che permettano di cogliere finalmente l’obiettivo della coesione socio-territoriale, innescando un forte incremento del pil meridionale. Allora la prima misura sarebbe l’abolizione della spesa storica. Che ne pensi Carlé? La risposta sarebbe scontata: i soldi devono andare dove c’è capacità di spenderli e non dove ce n’è realmente bisogno.

Perché gira e rigira, la questione è sempre quella: il denaro. E Bonomi, degnamente accompagnato dalla Carfagna, è venuto a Napoli a predicare un fantomatico interesse nazionale esclusivamente perché ha tanta paura che l’inchiesta aperta dalla UE sulla destinazione dei fondi Pnrr a Sud, possa riscontrare tutte le irregolarità che abbiamo ampiamente documentato nella petizione presentata a Bruxelles. E allora sì che sarebbero guai per le pance grasse nordiche. I soldi, nella peggiore delle ipotesi, rimarrebbero in cassaforte oppure sarebbero accordati nella misura in cui il 75% sia destinato al Sud con un piano nazionale ad hoc.

Inverosimile? Probabilmente sì, ma non impossibile. E qualora dovesse verificarsi, la seconda ipotesi aprirebbe uno scenario dove il “volemose bene” bonomiano andrebbe a farsi friggere insieme all’interesse nazionale e, perché no, anche alla farsa dell’unità, con buona pace dei governatori, industriali e amministratori meridionali. Perché è risaputo che i soldi ridanno la vista ai ciechi!   

d.A.P.

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