Un bambino del Sud vale la metà di uno del Nord. Questa è la sintesi che scaturisce dall’assegnazione, da parte del Miur, del Fondo per il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai 6 anni.
E non sarei sorpreso più di tanto se la sintesi fosse anche il criterio previsto, dietro le quinte, per l’assegnazione delle risorse. Fatto sta che al centro-nord, dove i bambini da 0 a 6 anni sono il 65,52%, andrà il 74,23% dei 209 milioni stanziati; al Sud, dove la percentuale di bambini è al 34,48%, verrà assegnato il 25,77%. A conti fatti, a un bambino dell’Emilia Romagna spettano 90 euro, mentre a uno della Campania (seconda per numero di bambini e settima per risorse assegnate) 43.
Quest’ultimo dato emerge dall’interessante articolo su “Il Mattino” del 4 novembre a firma di Marco Esposito dal titolo “Scuola Infanzia, il 74 per cento dei fondi assegnato al Nord”.
Oltre ad evidenziare la secolare politica coloniale dello stato italiano nei confronti del meridione, l’esito di questa ripartizione denota la totale incapacità delle amministrazioni locali meridionali (Regioni e Comuni) nello spuntare condizioni migliori per la nostra terra; di qualsiasi argomento si tratti! L’imbarazzante sudditanza delle classi dirigenti meridionali nei confronti di quelle settentrionali continua a penalizzare i cittadini e i servizi a loro offerti. I 209 milioni di euro stanziati dal governo, provengono dalla “Buona Scuola” (per il Nord) che ha istituito il sistema integrato di istruzione per la fascia 0-6 anni. Siffatto riparto è stato approvato dagli enti locali nella Conferenza Unificata del 2 novembre, sulla base del decreto legislativo 65/2017 approvato lo scorso aprile.
Tale decreto ha come obiettivo dichiarato all’art. 4 comma a) “il progressivo consolidamento, ampliamento, nonché l’accessibilità dei servizi educativi per l’infanzia, anche attraverso un loro riequilibrio territoriale, con l’obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale”.
Inoltre all’articolo 12 comma 4, il decreto illustra le modalità di calcolo per l’assegnazione delle risorse: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sulla base del numero di iscritti, della popolazione di età compresa tra zero e sei anni e di eventuali esigenze di riequilibrio territoriale, nonché dei bisogni effettivi dei territori e della loro capacità massima fiscale, provvede all’erogazione delle risorse del Fondo di cui al comma 1 [i 209 milioni ndr] esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia, operando la ripartizione delle risorse tra le Regioni. Le risorse sono erogate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca direttamente ai Comuni previa programmazione regionale, sulla base delle richieste degli Enti locali, con priorità per i Comuni privi o carenti di scuole dell’infanzia statale, al fine di garantire il soddisfacimento dei fabbisogni effettivi e la qualificazione del Sistema integrato di educazione ed istruzione…”.
In pratica, come ben spiega Esposito, i soldi verranno assegnati, a partire dal 2019, direttamente ai Comuni sulla base di progetti per la costruzione di nuovi asili e la ristrutturazione e messa in sicurezza degli esistenti e per la riduzione dei costi per le famiglie. Tuttavia la domanda che sorge è la seguente: come si è giunti ad una tale differenza di elargizione se il testo della legge parla di accessibilità dei servizi e riequilibrio territoriale? Semplicemente sono stati considerati parametri “favorevoli” al Sud.
Lo spiega bene sempre Esposito: “Cosa ha fatto il ministero? Come principale criterio (peso del 50%) ha considerato gli iscritti agli asili al 31 dicembre 2015, iscritti che ovviamente sono più al Nord. Come secondo parametro (peso del 40%) ha contato i bambini reali. Come criterio marginale (10%) ha considerato la popolazione di età 3-6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale «in modo da garantire un accesso maggiore». Il trucco c’è ma non è evidente. La fascia di età 3-6 anni non ha forti squilibri territoriali e raggiunge una copertura del 90%, inoltre la scuola materna statale è più presente al Sud che al Nord, visto che il 45% degli iscritti si trova nel Mezzogiorno. Quindi considerare solo l’età delle materne e soltanto i non iscritti alle scuole dell’infanzia statali non porta affatto un riequilibrio territoriale e, in ogni caso, non in favore del Mezzogiorno. In pratica per la perequazione si è utilizzato il solo parametro dove il Sud ha risultati più consistenti del Nord: le materne statali. Ignorando tutti gli altri”.
Capito? Se io considero che al Sud ci sono più asili statali che a Nord, l’equilibrio da ristabilire riguarda il Nord che è più svantaggiato!
Siamo al paradosso! Se avete letto bene gli articoli 4 e 12 del decreto, capite che esso è stato sistematicamente violato. Primo perché si prevede il riequilibrio della fascia di età da 0 a 3 anni che al Sud vede un’enorme carenza di strutture; secondo perché si parla di “capacità massima fiscale” che tradotto significa assegnare risorse dove il gettito fiscale non è sufficiente a pagare i servizi per l’infanzia. Vi sembra si stia parlando del Nord? Eppure di questo riequilibrio non vi è più traccia!
Alle roboanti dichiarazioni della Fedeli che afferma di voler raggiungere standard uniformi su tutto il territorio nazionale, fanno da contraltare i dati sic et simpliciter. Se poi, a suffragio del ministro, interviene anche il sottosegretario (Silvio Spaventa di turno) Vito De Filippo, lucano, allora vuol dire che siamo davvero in campagna elettorale. Su “Il Mattino” del 5 novembre, infatti, De Filippo fa da contraltare a Esposito e tesse le lodi dell’operato del governo parlando di un cambiamento epocale. Il titolo del suo articolo è emblematico: “Scuole d’Infanzia, più fondi al Nord ma il governo non dimentica il Sud”. Ma allora grazie De Filippo! E noi che pensavamo di non essere mai stati nei vostri pensieri!
Nel suo articolo De Filippo non fa altro che confermare i dati e la metodologia riportata da Esposito sullo stesso giornale il giorno prima. Ammette (pur non ammettendolo) cioè che se il decreto andava in una direzione, la sua attuazione si è sviluppata in quella opposta. Però questi 54 milioni al meridione, afferma, sono una novità assoluta! Dovremmo ringraziare? E Poi si cala in campagna elettorale (il PD annaspa in tutta Italia) quando scrive: “Certamente il protagonismo del Sud deve e può aumentare. Ma l’attenzione del governo è alta anche per questi territori”; tira in ballo i PON che hanno portato al Sud altri 49 milioni di euro, ignorando, forse, che i PON esistono anche per il Nord e che quindi invertendo l’ordine degli addendi la somma non cambia: la matematica non è un opinione caro De Filippo. Così come non lo è il fatto che in Italia, sistematicamente, qualsiasi risorsa ci sia da ripartire, al Sud vadano le briciole. Se il governo avesse voluto davvero riequilibrare le sorti della scuola dell’infanzia, nel caso specifico, non dico che avrebbe dovuto usare parametri diversi o tener conto del disagio economico delle famiglie: sarebbe stato sufficiente attenersi a quello che è il testo del decreto stesso! Non ha senso assegnare più risorse dove già ce ne sono. Ancora nel 2017 per lo stato italiano, i bambini del Sud sono bambini di serie B!
d.A.P.