La Lega Nord stravince le europee, mentre il M5S crolla e viene superato dal PD. Ma la cosa davvero divertente, si fa per dire, è che a Salvini ci siamo consegnati da soli.
Parafrasando una vecchia canzone dei Pooh verrebbe da dire che se il voto assomiglia a te, noi siamo in pericolo!Siamo in pericolo perché chi doveva rappresentarci, una volta in Parlamento, se ne è dimenticato consegnandosi, e consegnandoci, di fatto al suo pseudo-alleato di governo che ha cominciato la sua propaganda elettorale a partire dal giorno successivo all’insediamento, proprio ai danni di chi al governo ce lo aveva portato.
Tuttavia l’errore non è solo da ricercare o trovare nel silenzio post governativo dei 5 stelle, che sicuramente hanno sottovalutato fin dall’inizio la potenza mediatica salviniana. Il vero errore sta nel fatto che Salvini durante le sue prediche meridionaliste sia stato creduto da chi non avrebbe dovuto prestargli credito, fornendogli alla fine un bacino di circa 1 milione e 755 mila voti che lo hanno portato, con la Lega Nord, ad essere il secondo partito nelle circoscrizioni Sud e Isole.
Una roba mail vista! Fa venire i brividi vedere la Lega Nord che diventa primo partito in Sardegna, conquistando 4 provincie su 5 (solo a Nuoro resistono i 5 stelle), e in Abruzzo (in tutte le provincie). In Molise le provincie si dividono 1 a 1; in Puglia, Lecce e Brindisi sono leghiste (Lecce dimostra di non aver digerito la TAP, Brindisi resta un mistero); in Basilicata Salvini è secondo senza conquistare primati provinciali, mentre, in Calabria, Vibo e Reggio si consegnano alla ragion nordica. Continuando con questo excursus, Salvini si attesta al secondo posto in Campania ed è primo a Benevento; in Sicilia nessun primato, ma secondo partito. Questa in breve la situazione che ci hanno consegnato le urne del Sud. E se poi Salvini vince anche a Riace, allora vuol dire che la politica del tanto osannato sindaco Domenico Lucano forse non andava giù neanche ai calabresi.
Eppure i provvedimenti più importanti sono stati presi dai grillini che hanno sgobbato, faticato e messo la faccia in molte più “faccende” di quanto non lo abbia fatto Salvini che (tra i porti chiusi e, solo poco tempo fa, il decreto sicurezza) ha continuato, per un anno intero, la sua campagna elettorale “felpistica” cavalcando il malcontento della parte, mi si passi il termine, più “panciesca” del paese.
Tant’è, il voto è voto e siamo in democrazia: bisogna accettarlo. Tuttavia fa riflettere il forte astensionismo meridionale. Tra gli astenuti troviamo i delusi del M5S che non hanno votato nordista (atteggiamento molto più coerente, rispetto a quelli che lo hanno fatto) dando un chiaro segnale (Il Borbonico aveva messo in guardia Di Maio in tempi non sospetti) circa la loro insoddisfazione nei confronti della politica grillina al governo. Non è piaciuto, a costoro, soprattutto l’atteggiamento di subalternità che il capo politico dei 5 stelle ha patito costantemente nei confronti di Salvini, lasciandogli mettere becco e facendosi influenzare su ogni questione affrontata: dall’Ilva alla TAV passando per la TAP, per citare le più famose. Eppure i provvedimenti più importanti sono stati presi dai grillini che hanno sgobbato, faticato e messo la faccia in molte più “faccende” di quanto non lo abbia fatto Salvini che (tra i porti chiusi e, solo poco tempo fa, il decreto sicurezza) ha continuato, per un anno intero, la sua campagna elettorale “felpistica” cavalcando il malcontento della parte, mi si passi il termine, più “panciesca” del paese. Non è un caso, infatti che la Lega Nord abbia stravinto nelle periferie e nelle piccole città, mentre nei grandi centri urbani sia arrivata dietro, a volte, anche al Pd. Ma, ripeto, ormai è fatta e il Sud si è dato da solo la zappa sui piedi, ponendosi in una situazione assai pericolosa e costringendo Di Maio, per forza di cose, ad accondiscendere alle prossime richieste di Salvini: revisione dei vincoli di bilancio europei (il fiscal compact), flat tax, TAV.
Ammesso e non concesso che le parti in causa di comune accordo trovino le risorse per le prime due e arrivino ad un compromesso per la terza, il vero valore del “leader” pentastellato si proverà sull’autonomia differenziata tanto cara a don Matteo. Perché, diciamocelo apertamente, Di Maio ha perso le europee per aver smarrito la via che lo aveva portato al governo. E la via passava, e ancora passa, da Sud. Il M5S non è stato abbandonato dagli elettori astenuti meridionali, ma semplicemente sospeso in attesa di giudizio. Al Sud è ancora il primo partito e, forse a mio modesto avviso, sarebbe il caso che Di Maio & C. comincino pensare di conferire a questo bacino di voti una vera e propria connotazione territoriale, come, del resto, Il Borbonico aveva già suggerito subito dopo il 4 marzo. Il voto ai 5 stelle, allora, fu un voto di protesta (non assistenzialistico come i nordisti dissero) contro il nord arraffone e spendaccione con i soldi altrui … e il nord vuole continuare sulla stessa linea, come prima e più di prima, attraverso la secessione dei ricchi. Se il M5S saprà far sua questa battaglia, allora recupererà consensi. D’altronde, ribadisco, al Sud si è confermato primo partito e questi voti devono essere il nuovo punto di partenza per affrontare in modo definitivo e serio le politiche meridionali e per ricolmare il gap sociale, lavorativo ed infrastrutturale che patiamo nei confronti del nord.
Di Maio studi bene la lezione dello spacca-Italia perché non basta andare in conferenza stampa e dire che non si vuol creare una scuola di serie C. Certo il sistema di istruzione sarebbe quello più danneggiato ma l’autonomia differenziata è anche altro e Di Maio avrebbe dovuto approfondirla, prima di firmare il contratto di governo, travolto da irrefrenabili istinti governativi!
Allora va bene la TAV, caro don Matteo, perché hai vinto tu, ma solo se si fa anche l’alta velocità/capacità nel Mezzogiorno; va bene la flat-tax, ma solo se si creano veri incentivi (e non assistenzialismi mascherati da finanziamenti come Resto al Sud) per tutti i Sudisti che vogliono intraprendere nella loro terra, creando lavoro per i loro stessi conterranei, attraverso una serie di defiscalizzazioni graduali e programmate per tutte le nuove imprese meridionali; va bene tutto, insomma, a patto che il Sud sia messo in condizioni di competere ad armi pari! Il che significa, altresì, un no deciso e definitivo all’autonomia differenziata in salsa leghista. Su questo punto il Sud non vuole e non può scendere a patti. E non dovrà farlo neanche Di Maio se non vorrà disperdere il 17%, che non è poco per come si sono messe le cose, dei voti che gli restano. L’autonomia è e resta l’unico punto sul quale vale la pena far cadere il governo: la posizione è “o si fa come diciamo noi oppure non si fa affatto”. Questo presuppone, tuttavia, che Di Maio studi bene la lezione dello spacca-Italia perché non basta andare in conferenza stampa e dire che non si vuol creare una scuola di serie C. Certo il sistema di istruzione sarebbe quello più danneggiato ma l’autonomia differenziata è anche altro e Di Maio avrebbe dovuto approfondirla, prima di firmare il contratto di governo, travolto da irrefrenabili istinti governativi!
L’autonomia differenziata garantirebbe risorse certe a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna anche in tempo di revisione della spesa pubblica o di crollo del gettito: sarebbe a dire che il debito pubblico lo paghiamo noi altri, mentre a loro deve essere garantita la cifra minima concordata, anche questa sempre pagata da noi e senza affrontare minimamente la definizione dei LEP.
I sostenitori dell’autonomia, affermano e sbandierano la bontà della riforma per tutto il paese, eppure si guardano bene dal divulgare i testi degli accordi che Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno già chiuso con il governo. Le nuove regole di redistribuzione previste dall’autonomia salviniana, porterebbero, per esempio, ad un sostanziale spostamento delle risorse in favore di queste tre regioni a discapito del resto d’Italia, impoverendo ancora di più il già carente (per fondi stanziati rispetto al resto d’Italia) sistema scolastico del Sud (chi ha votato Lega Nord al Sud questo lo sa?). Inoltre l’autonomia differenziata garantirebbe risorse certe a queste tre regioni anche in tempo di revisione della spesa pubblica o di crollo del gettito: sarebbe a dire che il debito pubblico lo paghiamo noi altri, mentre a loro deve essere garantita la cifra minima concordata, anche questa sempre pagata da noi e senza affrontare minimamente la definizione dei LEP. Per non parlare poi del piano procedurale previsto per la sua approvazione: nessun dibattito parlamentare, nessun emendamento possibile: o così o niente! Questo è il segno dell’arroganza e dell’egoismo di questa gente.
Arroganza, egoismo e presunzione che fanno dire ad Alessandro Montagnoli deputato della Lega Nord che “Se i napoletani sperano che siano sempre gli altri a risolvere i loro problemi, si mettano il cuore in pace perché noi i loro rifiuti al nord non li vogliamo [e io che credevo che fosse stato il Nord a mandarci i suoi – ndr] e non siamo disposti a pagare per le loro colpe e inefficienze. È ora di dire basta allo spreco di soldi pubblici ma semmai prevedere l’innalzamento delle tasse a livello locale così i cittadini capiranno se i soldi delle loro tasse vengono spesi bene per risolvere i problemi oppure vengono sprecati, buttati alla criminalità: d’altronde questo è anche lo spirito del federalismo fiscale, non pagherà più Pantalone!”.
Caro Montagnoli, mi permetta: da 160 anni a questa parte Pantalone non ha mai cacciato una lira, mentre Pulcinella per mantenerlo, si è dovuto vendere pure le mutande!
E credete a me, don Matteo non è affatto lontano da questa concezione del Sud Italia. Tuttavia Montagnoli dice una cosa giusta: mentre loro con l’autonomia avranno il minimo garantito per i loro servizi anche in tempi economicamente difficili, a noi altri alzeranno le tasse locali per garantirglielo! Questo è lo spirito vero del federalismo fiscale o dell’autonomia differenziata che dir si voglia. Caro Montagnoli, mi permetta: da 160 anni a questa parte Pantalone non ha mai cacciato una lira, mentre Pulcinella per mantenerlo, si è dovuto vendere pure le mutande!
Di Maio, insomma, la studi questa stramba autonomia e la studi approfonditamente perché sarà su questa partita che si giocheranno le sorti del governo, ma soprattutto le sorti dei 5 stelle. I quali hanno commesso, in meno di un anno di governo, lo stesso errore dei loro predecessori (di destra o di sinistra che fossero): rimuovere completamente la questione meridionale dalla loro agenda. Hanno vinto con i voti del Meridione e poi hanno dimenticato di lavorare sui piani di sviluppo per il Sud, sulla scelta e sulla formazione delle sue classi dirigenti, di fatto non garantendo i diritti dei cittadini meridionali. Lo stesso errore commesso da Forza Italia prima e dal PD poi. Eppure i dati delle Europee ribadiscono che sarà proprio il voto del Sud ad essere decisivo quando e se si affronteranno nuove politiche.
Caro Di Maio, lei potrà ancora governare con Salvini solo se Salvini sarà disponibile a ridiscutere in chiave egalitaria l’autonomia differenziata, altrimenti dovrà per forza essere la questione meridionale a far cadere l’esecutivo; e lei dovrà essere bravo a cogliere l’attimo.
In conclusione, caro Di Maio, comprenda finalmente che il segreto del successo del M5S è nascosto tra la sua gente: quella del Sud, quella che l’ha ancora confermata primo partito da Gaeta in giù; quella che non l’ha votata, perché delusa, ma non l’ha tradita e anche quella che l’ha tradita ma si ricrederà perché a sua volta verrà tradita dal nordista. Lei potrà ancora governare con Salvini solo se Salvini sarà disponibile a ridiscutere in chiave egalitaria l’autonomia differenziata, altrimenti dovrà per forza essere la questione meridionale a far cadere l’esecutivo; e lei dovrà essere bravo a cogliere l’attimo. Per adesso il Sud resta in pericolo!
d.A.P.