Povero, il leader del carroccio. Messo all’angolo dai dardi di Conte gli replica come può, salvo poi essere definitivamente demolito nella conclusione del Premier. Ma la crisi è tutta in divenire.
Sono da poco cominciate le consultazioni al Quirinale dopo le dimissioni del Premier Conte di ieri. Già… La giornata di ieri, a mio modesto avviso, è stata una delle più belle ed appassionanti nella storia della Repubblica e mi piacerebbe sviscerarne, seppur brevemente, le implicazioni.
Un Matteo in crisi, un altro redivivo, un Conte imprescindibile.
Questo ci ha consegnato ieri sera la conclusione della seduta in Senato. Il Presidente del Consiglio ha demolito Salvini punto per punto sottolineando di fondo la sua irresponsabilità durante l’esercizio delle sue funzioni di ministro. Un discorso lineare, da persona corretta, quale Conte è, che ha portato in senato la cronistoria del suo impossibile rapporto al governo con un Salvini sempre più focalizzato al tornaconto personale, piuttosto che agli interessi del popolo italiano. Insomma Salvini ha rotto il giocattolo per un capriccio personale e, in fondo, non ha mai voluto governare veramente, ma solo accrescere il suo consenso per poi riscuoterlo.
Insomma è sembrata, l’esibizione di Salvini, l’interrogazione di uno studente liceale impreparato sulla materia che per rabberciare la sufficienza mette insieme una serie di concetti sconclusionati per aggrapparsi, o per lo meno tentare, con le unghie sugli specchi.
La prima parte del piano è riuscita, la seconda, per ora, no. La replica del ministro è tutta sintetizzabile in un aggettivo: banale. A tutti i senatori, ad un certo punto, dev’essere sembrato di essere al Papeete con un mojito in mano. Nulla di nuovo sotto il cielo di agosto nelle parole di Matteuccio, che addirittura voleva parlare dagli scranni del governo che aveva appena sfiduciato. Ma richiamato dalla Casellati ha traslocato nei banchi della Lega Nord per proferire i soliti io non mollo, troppi no dai 5 stelle, eccetera. Salvo poi riaprire agli ex alleati, come aveva già fatto in precedenza, sul taglio dei parlamentari e poi al voto. Insomma è sembrata, l’esibizione di Salvini, l’interrogazione di uno studente liceale impreparato sulla materia che per rabberciare la sufficienza mette insieme una serie di concetti sconclusionati per aggrapparsi, o per lo meno tentare, con le unghie sugli specchi. Di tutt’altro tono e contenuti l’intervento dell’altro Matteo. Quel Renzi che tutti davano per morto e che l’8 agosto scorso ha colto, in da gran volpone qual’è, la palla al balzo per un suo rientro dalla porta principale nella politica che conta. Non le manda a dire al suo omonimo accusandolo di 26 anni di cazzeggio politico a spese dei contribuenti e dando la sua disponibilità e quindi quella del PD a salvare la barca che sta affondando, ma rimanendo fuori dalle stanze dei bottoni. Atteggiamento confermato dalla direzione del PD di stamani che ha conferito all’unanimità ampio mandato a Zingaretti. Geniale e preoccupante, dal punto di vista istituzionale, l’intervento di Morra che ci consegna il ritratto di un ministro degli interni per niente capace di svolgere il suo ruolo e dichiaratamente maleducato. Maleducazione che per altro ha ostentato anche al Senato, dalla cui aula Matteuccio si è allontanato subito dopo aver proferito il suo poco memorabile discorso, non ascoltando le repliche degli altri senatori e del Presidente del Consiglio stesso, il quale apprende, durante la sua replica, del surreale ritiro della sfiducia da parte della Lega Nord, siamo all’assurdo, e con piglio deciso afferma “se vi manca il coraggio delle vostre azioni, non preoccupatevi: ci penso io”. La Lega Nord è definitivamente ridicolizzata. Ieri Conte si è accreditato come figura politica imprescindibile nel panorama politico italiano ed europeo.
L’uno vale l’altro?
A questo punto si aprono i dibattiti in TV e le interviste ai senatori che escono dall’emiciclo. E l’accusa più frequente dai leghisti e che i 5 stelle governeranno con chi hanno combattuto per anni. E qui casca l’asino.
I leghisti dimenticano, o fanno finta di non ricordare, di essere stati, in fondo, la seconda scelta dei 5 stelle i quali all’indomani del 4 marzo ebbero come primo interlocutore proprio il PD che declino’, neanche tanto cortesemente, l’invito a formare una coalizione di governo sulla base del contratto.
Fra le righe del discorso di Renzi in Senato si leggeva proprio questo: io vi do una mano perché conviene anche a me, voi mi chiedete di rimanerne però fuori e io vi accontento. Pertanto l’interlocutore dei 5 stelle sarà Zingaretti e il PD intero, non già Renzi ed il suo giglio magico. Inoltre i leghisti dimenticano, o fanno finta di non ricordare, di essere stati, in fondo, la seconda scelta dei 5 stelle i quali all’indomani del 4 marzo ebbero come primo interlocutore proprio il PD che declino’, neanche tanto cortesemente, l’invito a formare una coalizione di governo sulla base del contratto. Renzi disse che avrebbe mangiato pop corn e assistito da spettatore. Oggi, anche lui per tornaconto personale, cambia ruolo e diventa attore coprotagonista. Per il movimento 5 stelle, il cui interesse in base al consenso ricevuto il 4 marzo, era ed è ancora governare, un Matteo vale l’altro.
Due PD.
Anche se la direzione di stamattina ha presentato un partito unito nel conferire mandato al segretario, è innegabile che le anime del PD sono e restano due: Zingaretti e Renzi. Il primo, che ha già dettato ieri sera le condizioni, per portare a casa il risultato dovrà solo acconsentire, come chiedono i 5 stelle e come l’aula ha mostrato ieri, ad un Conte bis. Poi avrà, a mio parere, quasi carta bianca su un nuovo programma sul quale convergere con i 5 stelle in un confronto leale e che, come giustamente ha detto, serva a far scoccare la scintilla della fiducia tra le parti che duri fino al 2022. Potrà perfino chiedere la testa di Di Maio.
Dall’altra parte c’è Renzi che si chiama anche lui Matteo a già questo innesca un cortocircuito. Tuttavia il fiorentino ha già deciso la sua strada che è fuori dal PD. Bisognerà solo attendere per verificare se il suo senso di responsabilità durerà fino a fine legislatura o si interromperà bruscamente prima, come accaduto per Salvini.
L’alternativa.
Unica altra strada restano le elezioni e ne sarà responsabile, suo malgrado, di il PD di Zingaretti e non quello di Renzi che, avvedutamente, si è chiamato fuori dai giochi. Ma le elezioni rischiano di consegnare per molto tempo il paese ad una destra per niente moderata che può tranquillamente fare a meno di Forza Italia e la cui politica porterebbe l’Italia ad un catastrofico isolazionismo. Sta a PD e 5 stelle quindi capire fin dove arriva il loro senso di responsabilità nel momento in cui si presenteranno al Quirinale.
Il nuovo premier
Questa crisi per il PD è come la manna dal cielo. Non può perdere l’occasione di guadagnare nuovi consensi attingendo dall’ellettorato di Lega Nord e 5 stelle e orientando il voto degli astensionisti cronici che magari si conviceranno a presentarsi ai seggi alla prossima tornata elettorale.
Se non Conte chi? Chi può proporre attualmente il PD che abbia la stessa levatura, la stessa correttezza istituzionale, ma sopratutto lo stesso consenso tra il popolo? Un premier diverso scontenterebbe tutto l’elettorato dall’una e dall’altra parte e nessuno tra PD e 5 stelle può correre questo rischio.
Come detto, dovrà solo cedere al premierato di Conte e potrà portare i 5 stelle dalla sua parte nei limiti del ragionevole. Se non Conte chi? Chi può proporre attualmente il PD che abbia la stessa levatura, la stessa correttezza istituzionale, ma sopratutto lo stesso consenso tra il popolo? Un premier diverso scontenterebbe tutto l’elettorato dall’una e dall’altra parte e nessuno tra PD e 5 stelle può correre questo rischio. Anche Mattarella, in questo senso, potrà discretamente far valere la sua opinione nonché il suo giudizio sulla persona e sulla figura istituzionale che Conte ha rappresentato.
Il Sud.
E, infine, tutto passa, ma come al solito nessuno lo ammette, da Sud. Se i 5 stelle e il PD pensano di guadagnare consensi nel nord attraverso questa operazione stanno sbagliando di grosso. Lì ci sarà poco da fare. Restano il centro ed il sud e l’occasione è per il PD che può recuperare consensi al centro ma soprattutto strapparne ai 5 stelle a sud. Come? Dipenderà dal programma di governo che verrà condiviso dalle due forze. Se Salvini pensa all’Italia del 2050 io penso e vedo il Sud del 2050: spopolato, vecchio, privo di infrastrutture e povero… Molto povero. Dovrebbero pensarci anche Zingaretti e Di Maio, sempre che resti tra i protagonisti. Se quindi nuova maggioranza sarà, dovrà ancora una volta ripartire da Sud, perché il nord è verde. E chi meglio di Conte può essere garante per questa nuova esperienza e per il Sud intero?
Staremo a vedere perché il pericolo elezioni non è affatto scongiurato e il capitone potrebbe, inaspettatamente e per terza mano, averci preso.
Intanto bacioni pastosi a tutti.
d.A.P.