Francesco Barbagallo elogia la “questione italiana” di Zingaretti che condanna il Mezzogiorno e l’Italia all’oblio.
Su il Mattino di oggi Francesco Barbagallo, salernitano, Ordinario di Storia Contemporanea e direttore del Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università di Napoli Federico II, mette la ciliegina all’intervista a Zingaretti del 4 settembre definendola come il documento politico che segna il cambio di direzione della sinistra italiana.
Dispiace deludere il professore, ma servirà ben altro a Zingaretti per dare segni di vita a sinistra.
Se, com’è vero, il ventennio ’50-’70 del secolo scorso ha segnato la significativa riduzione del divario nord-sud grazie agli investimenti pubblici che hanno portato il Mezzogiorno “nella modernità”, è altrettanto vero che dalla crisi petrolifera, prima, e con l’avvento della Lega Nord, dopo, tali investimenti sono tornati ad essere a senso unico soprattutto grazie alla sinistra!
La brusca interruzione di questo nascente procedimento virtuoso e la conseguente deindustrializzazione, hanno concesso alla criminalità di insediarsi nelle falle sistemiche e tra le fasce di popolazione più deboli; ed è un discorso attualissimo!
Zingaretti, trasforma in un sol colpo la questione meridionale e quella settentrionale in questione italiana per superarle entrambe sulla base della legge di bilancio 2020, tuttavia ignora volutamente che il RF non rientra nella spesa pubblica italiana ma è una misura europea che ha semplici quanto efficaci criteri di riparto in virtù dei quali a Mezzogiorno deve essere destinato il 70% del totale.
Per due motivi: il primo è la condizione stagnante e depressa del mezzogiorno che ha fatto sì che all’Italia venissero assegnati 209 mld; il secondo sono i criteri di assegnazione esattamente identici a quelli di spesa.
Non è solo questione di popolazione, caro Barbagallo, ma soprattutto di reddito pro-capite (meno della metà del nord) e di tasso medio di disoccupazione quinquennale (triplo rispetto al nord).
La linea del 34% a Sud supererebbe senza alcun dubbio tutte le riserve settentrionaliste presenti non solo nel PD, ma anche nell’intero PUN in virtù dell’interdipendenza economica tra le due aree del paese che porterebbe al Nord la bellezza di 167 mld, lasciandone al Sud 42; che, per inciso, sono molto meno anche del suo 34%, caro professore.
Il documento politico di sor Nicola diventerebbe così una dichiarazione d’amore a Bonomi e alla Padania che, come lei, credono che a Sud si faccia un uso clientelare dei fondi europei; i quali, invece, negli ultimi 20 anni hanno esclusivamente coperto gli ammanchi di spesa pubblica distratta a Nord dalla geniale idea di Giorgetti: la spesa storica.
Se dunque, come lei afferma, Zingaretti insiste sulla necessità di elevare la qualità dei servizi essenziali a Mezzogiorno, allora sarebbe il caso che si battesse per i LEP la cui definizione manderebbe a farsi benedire la spesa storica insieme a 20 anni di iniquità.
La stessa iniquità che qualora non venisse realizzato il ponte sullo stretto, manderebbe all’aria l’intera prospettiva infrastrutturale meridionale insieme alla realizzazione dell’ultimo miglio per l’interportualità.
Il governo deve avere gli attributi, finora dimenticati chissà dove, per portare avanti il progetto RF secondo un piano industriale e infrastrutturale che sia nazionale, esautorando le pretese regionali e seguendo le direttive europee. Resta questo l’unico modo affinché l’Italia non si riduca ad un semplice guitto nel panorama europeo e mondiale.
d.A.P.