A Napoli, e sembra che il fenomeno stia dilagando in tutto il Sud, c’è un ritorno alle origini.
Pare che a Napoli le lavatrici non le compri più nessuno. Il bucato si fa a mano e sembra che molte lavandaie si rechino sul Garigliano e sul Volturno con grossi pezzi di sapone e stendano pantaloni e camicie in loco per poi, una volta asciutti, riportarsele a casa.
Pare anche che il fenomeno si stia diffondendo in tutto il Mezzogiorno e fonti attendibili sostengono che sia proprio questo ritorno alle origini il vero motivo per il quale il 31 ottobre Whirlpool chiuderà i battenti a Napoli.
Eppure, le stesse fonti, sostengono che in quello stabilimento si producessero le migliori lavatrici top di gamma per il mercato Emea e che in Italia gli altri siti Whirlpool, si badi bene tutti rigorosamente a centro nord, siano poli di ricerca o di diversa produzione.
Già dal 2018 il MISE ha tentato di trattenere gli americani a Napoli e di convincere le lavandaie a fare il bucato a casa con le lavatrici. L’azienda aveva sbandierato ai quattro venti un piano di rilancio da 250 milioni che avrebbe interessato tutti gli stabilimenti italiani: Siena, Varese, Comunanza e, appunto, Napoli. Il governo da parte sua si era impegnato ad accompagnare fino al 31 dicembre 2020 il nuovo piano industriale, con varie agevolazioni: cassa integrazione, taglio del costo del lavoro, fondo perduto, fondo per le crisi d’impresa, fiscalità di vantaggio e prestiti garantiti. Totale 100 milioni, perchè il massimo che si riesce a fare in questi casi, è “comprare” la volontà delle aziende, non certo studiare nuove alternative quali diversificazione della produzione o, in alternativa, impegnarsi come governo a trovare nuovi investitori. Così, di fronte a tanta “pubblica” benevolenza Whirlpool sembrava proprio aver cambiato idea; ma ecco che a luglio 2019 arrivano, segretamente, voci che le lavandaie polacche da Cracovia a Danzica, passando per Varsavia, fossero stanche di fare il bucato lungo la Vistola e che i loro mariti, per scongiurare il peggio, si fossero offerti in massa come manodopera a basso costo alla Whirpool polacca.
Così l’azienda, incassati i 100 milioni, ritira Napoli dall’accordo sostenendo che il mercato non è cambiato e comunica a Patuanelli, che ne prende semplicemente atto, la sua intenzione di trasferire la produzione in Polonia visto che le lavandaie napoletane, nel frattempo, non si erano del tutto persuase.
Ecco, io me la immagino così la vicenda, senza voler prendere in giro nessuno. Perchè se Patuanelli prende atto, Provenzano elenca i sovvenzionamenti pubblici elargiti, De Magistris blatera retorica di circostanza e infine i sindacati parlano di scontro sociale e si stracciano le vesti, qui gli unici presi in giro siamo noi e soprattutto gli operai napoletani con l’intero indotto. Resta solo un dubbio: se a dover chiudere fosse stata Varese, Patuanelli ne avrebbe preso atto?
d.A.P.