Elezioni anticipate da una parte, Mario Draghi dall’altra. La crisi nella crisi di chi vuole affossare il Mezzogiorno.
Mi sorge il dubbio che Conte avesse un Recovery Plan segreto da presentare in Europa sul filo di lana e nel quale al Sud venissero assegnati 145 miliardi di euro con tanto di progetti. Non si spiegherebbe altrimenti la crisi. Scherzi a parte, se con Matteo I il pomo della discordia fu l’autonomia differenziata, con Matteo II è stato certamente il Recovery Plan. Intendiamoci, nessuno dei due ha mai palesato le vere ragioni, ma tutti noi le conosciamo bene.
Ecco che allora per risolverla a loro favore occorre qualcuno che il Recovery Plan lo gestisca in modo da non scontentare nessuno da Salvini a Renzi passando per Berlusconi, Bonomi, Bonaccini, Fontana, le banche e Zingaretti. La lista sarebbe molto più lunga perché il sistema PUN (Partito Unico del Nord) ha tante sfaccettature e rivoli che neanche immaginiamo, tuttavia state pur certi (e non dico sereni per scaramanzia) che non troverete al suo interno nomi meridionali che non siano quelli degli ascari. E se due indizi fanno una prova, vi bastino gli accorati appelli di Fontana e Bonaccini, più puntuali di un orologio svizzero, su come e dove spendere le risorse del Recovery. Il primo ha già pronto un piano da 36 miliardi, mentre per l’altro esiste solo la pianura padana.
Conte non ci piace perché non ci ascolta. Il problema è che uno potrebbe anche ascoltare, se però la controparte avesse davvero qualcosa da dire.
Al di là delle dichiarazioni di facciata, infatti, tutti sono saliti e saliranno al Quirinale per dire proprio questo: Conte non ci piace perché non ci ascolta. Il problema è che uno potrebbe anche ascoltare, se però la controparte avesse davvero qualcosa da dire. Perché affermare che i soldi del Recovery debbano andare a chi sia in grado davvero di spenderli e dimenticarsi degli ultimi venti anni di prestazioni italiane nord-centriche da fame, per non parlare degli scandali della sanità, della finanza, delle mazzette, dell’Expò, del Mose, delle pedemontane, dei 49 milioni, dei rubli (la lista supererebbe le 6 mila battute, quindi mi fermo) e compagnia bella, è da idioti. Non riconoscere che tutto l’elenco di cui sopra lo si ritrova nella parte del paese “in grado di spendere bene i soldi”, è da idioti.
Perché se davvero si tratta di spenderli, allora è chiaro che la carciofara e Matteo I vogliano le elezioni: molto probabilmente le vincerebbero e potrebbero spartire il malloppo con i soliti noti. Se si tratta di spenderli è cristallino che Mr. Bunga Bunga e Matteo II preferiscano Mario Draghi o la Cartabia: certo alcuni beneficiari sarebbero sostituiti con altri, ma per la proprietà commutativa la somma non cambierebbe. Zingaretti, invece, che davanti dice Conte e dietro tifa Draghi, avrebbe un posto da segretario a vita garantito dai lobbisti PD e magari, chissà, alle prossime elezioni potrebbe ritrovarsi addirittura premier per gentile concessione di Bonaccini.
Più che un cambio di passo, occorre un cambio di direzione e prospettiva che inverta la rotta a Sud.
Se, invece, si tratta di costruire allora il discorso cambia. Si entra in un gioco dove una buona parte del Recovery verrà utilizzata per risollevare le sorti della parte più debole del paese, costruendo un’economia equa e giusta capace di trainare l’Italia intera verso un nuovo benessere del quale beneficerebbe, oltretutto, l’Europa. Che è in fondo il vero motivo per il quale i 209 miliardi ci vengono assegnati. A Germania e Francia, infatti, interessa risollevare l’Italia per non precipitare con essa nel baratro.
Più che un cambio di passo, che permetterebbe esclusivamente a Bonaccini & C. di accelerare la cadenza d’incasso e quindi la spesa distruttiva del Recovery, occorre dunque un cambio di direzione e prospettiva perché, se negli ultimi venti anni il passo nordico ha messo in ginocchio il paese, è giunta l’ora che la rotta si inverta e si scommetta a Sud. E questo non è un compito per Draghi. Potrebbe esserlo, invece, per Conte qualora riuscisse a tirarsi fuori dai ricatti del sistema.
d.A.P.