La Carfagna parla di strumentalizzazione dei dati dopo l’analisi del Pnrr da parte del Prof. Viesti.
Cari lettori, vi invito a leggere attentamente le dichiarazioni della ministra Carfagna rilasciate in seguito all’analisi del Pnrr fatta del Prof. G. Viesti. Sorge il dubbio (piuttosto fondato) che la ministra non conosca l’italiano o per lo meno lo interpreti a senso unico. Il suo. Solo una premessa: mettetevi comodi, perché la faccenda è lunga.
Esordisce così la ministra: “Basta leggere il testo del nostro Pnrr depositato a Bruxelles per comprendere la solidità del Capitolo Sud. Gli 82 miliardi – cioè il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr e del Fondo complementare – non sono un’astrazione ma il frutto di un calcolo specifico, effettuato dal governo sulla base dell’esplicitazione della ‘quota Sud’ di tutte le linee di intervento delle 6 missioni del Piano”.
E infatti, signora ministra, è il vostro Pnrr, e non il nostro, che lei ha sicuramente solo sfogliato, mentre altri gli hanno fatto le pulci. Una solida differenza! Così come c’è differenza tra l’aggettivo “territorializzabile” e il participio passato “territorializzato”. In italiano, infatti, il primo indica una azione possibile, il secondo un’azione avvenuta. Ecco perché si parla a giusto titolo di astrazione. Un concetto astratto, di per sé, è un concetto che è al di là da venire, incerto, lontano proprio come quel “territorializzabili” che è stato usato nel Pnrr e che necessita di una qualche condizione affinché diventi reale. E quelle che non si comprendono, nel suo “solido” Pnrr, sono giustappunto le condizioni che devono verificarsi affinché l’aggettivo si trasformi in participio passato. Il tutto si riduce allora ad una semplice domanda: quali solo le condizioni affinché le risorse territorializzabili diventino territorializzate? Non è dato saperlo e probabilmente non lo sa neanche lei. Inoltre resta un mistero anche il “calcolo specifico” adottato dal governo per determinare la “quota Sud” sulle sei missioni, dal momento che i parametri europei previsti per il riparto sono stati puntualmente disattesi. Quale, dunque, il munifico algoritmo che ha assegnato il 40% al Sud?
In attesa di una sua risposta, proseguo con le sue dichiarazioni: “Questa accurata ricognizione ha consentito di stimare anche l’impatto sul Pil e sull’occupazione del Mezzogiorno. Il risultato è stato messo nero su bianco nel Pnrr trasmesso al Parlamento e alla Commissione Europea. Il calcolo governativo è stato ritenuto solido e credibile da parte della stessa Commissione, che l’ha espressamente citato nella sua relazione di approvazione del Piano italiano”.
Sul sito del suo ministero è scritto altrettanto nero su bianco: “Oggi il PIL del Mezzogiorno rappresenta il 22,7% di quello nazionale; nel 2026, se le misure del Piano saranno pienamente applicate, il PIL del Mezzogiorno costituirà oltre il 24% di quello nazionale”. Tanta fatica per un misero 1.3% in più? Ma a suo giudizio, signora ministra, quanto potrà realmente incidere l’1,3% in 5 anni sull’occupazione nel Mezzogiorno?
A noi spiace e preoccupa l’approccio semplicistico e da salumiere con il quale il Sud è stato inserito all’interno del Pnrr quasi come un chilo di patate nella lista della spesa di una qualunque massaia, il che lascia presupporre che al Sud non rimarranno che briciole.
Sempre in attesa di una sua risposta proseguo con le sue dichiarazioni: “Spiace e preoccupa l’approccio tra l’ideologico e il ragioneristico che alcune voci continuano a utilizzare per valutare il Capitolo Sud del Pnrr, strumentalizzando diseguaglianze e sofferenze dei meridionali per veicolare la tesi che il governo stia mentendo sulla reale consistenza dei fondi. Spiace perché evoca un vecchio meridionalismo disfattista e benaltrista che credevo superato. Preoccupa perché il Piano di Ripresa nazionale, e quindi anche il Capitolo Sud, non è un adempimento che si risolverà nell’arco di questo governo e di questa maggioranza: dovrà essere portato a termine dai successivi, e dunque è importante che la condivisione di oggi non sia formale o venata da propositi revanscisti”.
A noi spiace e preoccupa l’approccio semplicistico e da salumiere con il quale il Sud è stato inserito all’interno del Pnrr quasi come un chilo di patate nella lista della spesa di una qualunque massaia, il che lascia presupporre che al Sud non rimarranno che briciole. Spiace perché lei ha perso l’occasione di non essere l’ennesimo ministro qualcosista e preoccupa proprio perché il Pnrr attraverserà due legislature. Accusare di strumentalizzazione chi contesta i dati è molto grave se poi non gli si replica con altrettanti dati, bensì con una favoletta sul quanto siete belli e bravi. Non è forse questa strumentalizzazione? In merito, poi, al meridionalismo la prego di astenersi dal proferire giudizi visto che lei non lo è, meridionalista, e non conosce il meridionalismo, che mai ha presentato nei suoi connotati disfattismo o benaltrismo. Caratteristiche, queste, che invece appartengono ai pregiudizi di tutti i governi fin qui succedutisi e a certa classe politica meridionale a servizio del Partito Unico del Nord. Non esiste altro meridionalismo oltre quello che ha a cuore il benessere del Mezzogiorno.
“Per le linee di intervento di natura infrastrutturale – continua poi la ministra – come gli investimenti in ferrovie, porti, Zes o gli interventi nelle reti, la quota Sud è data esplicitamente dai progetti programmati in uno specifico territorio. Per le linee di intervento “riguardanti misure incentivanti rivolte alla totalità della popolazione italiana, come il superbonus o gli incentivi di Transizione 4.0, il calcolo del governo sulla quota Sud è basato sui dati sulla capacità ‘storica’ di assorbimento delle risorse da parte del settore privato”.
E qui casca l’asino. Di fatto lei, signora ministra, candidamente ammette che per le infrastrutture la quota Sud è ottenuta semplicemente dall’addizione dei progetti già programmati nel Mezzogiorno. Alla faccia del calcolo! E se la matematica non è un’opinione, le sue affermazioni stanno a significare che i fondi del Pnrr sostituiranno quelli pubblici stanziati per la realizzazione di progetti già cantierati, mentre sugli incentivi ci si basa sulla capacità “storica” di spesa del Mezzogiorno. Ma allora, signora ministra, come intende il suo Pnrr ridurre il gap del Mezzogiorno (tra gli obiettivi primari del NGEU) se si basa esclusivamente su progetti già programmati e sulla storicità di spesa? La parola sviluppo le dice niente?
In attesa di risposta proseguo con le sue dichiarazioni: “Il governo ha usato stime molto prudenziali, tanto da attribuire ad esempio solo il 9% dei fondi del superbonus al Mezzogiorno. È evidente che qui, grazie alle riforme in atto (a partire dalle semplificazioni sull’iter autorizzativo dell’ecobonus e dalla riforma sugli incentivi al Mezzogiorno), la quota Sud potrebbe addirittura crescere, anzi crescerà certamente”.
In merito all’ecobonus, lei sembra ignorare, e dunque glielo ricordo io, che il senato ha approvato la sua proroga fino al 2023 escludendo tuttavia dalle procedure sia la cessione del credito quanto lo sconto in fattura. Per lei questi sono incentivi? Certamente lo sono per coloro che possono pagare in anticipo i lavori detraendoli poi in sede di dichiarazione dei redditi. Lei vede un benessere tale che al Sud questo possa verificarsi? Non parli allora di aumento certo della quota Sud sull’ecobonus.
State lavorando per garantire che il 40% sia effettivamente riservato al Sud attraverso una norma che fissi l’obiettivo? State lavorando per il rispetto della destinazione territoriale delle risorse? Allora c’è il pericolo di altri scippi? O si tratta semplicemente di un commissariamento degli enti locali meridionali? Signora ministra, ma perché prevedere un simile procedimento a posteriori e non prima?
Per quanto riguarda i bandi di gara, inoltre, lei scrive: “La terza grande tipologia di interventi del Pnrr è data dalle misure assegnate attraverso procedure competitive (bandi di gara). Dalle risorse da assegnare per l’edilizia scolastica agli investimenti nell’idrogeno verde passando per l’assistenza sanitaria domiciliare. Per garantire che i bandi effettivamente riservino al Sud una quota non inferiore al 40 stiamo lavorando a un sistema di monitoraggio per il rispetto della destinazione territoriale, incardinato presso la segreteria tecnica del Pnrr della Presidenza del Consiglio e presso la struttura del MEF, nonché a una norma che ‘fissi’ questo obbiettivo”
State lavorando per garantire che il 40% sia effettivamente riservato al Sud attraverso una norma che fissi l’obiettivo? State lavorando per il rispetto della destinazione territoriale delle risorse? Allora c’è il pericolo di altri scippi? O si tratta semplicemente di un commissariamento degli enti locali meridionali? Signora ministra, ma perché prevedere un simile procedimento a posteriori e non prima? In nome della semplificazione di cui il suo collega Brunetta è ministro! Poteva consultarlo no? O forse il flop dei 2800 posti le ha fatto cambiare idea?
E la ministra così conclude: “Questi i calcoli, questi gli impegni, questa la sfida. Le energie di chi ha a cuore il Mezzogiorno dovrebbero essere spese per vincerla, non per sminuirla”.
Si, ministra, questi sono i calcoli sballati che non ci ha esposto nel suo elaborato e che affossano il Mezzogiorno nell’iniquità; questi gli impegni assunti con i potentati tosco padani per mantenere sottosviluppato il Sud; questa è la sua sfida, non la nostra. Perché i nostri calcoli, e noi li abbiamo fatti, sono diversi e dicono 70% a Sud; perché i nostri impegni sono quelli di creare benessere e non sussistenza per il Sud; perché la nostra sfida si chiama equità territoriale! E noi che davvero abbiamo a cuore la nostra terra spenderemo fino all’ultima goccia delle nostre energie per vincerla, la battaglia, e finalmente non vedere sminuiti da un manipolo di burocrati e tecnocrati i nostri diritti sanciti dalla Costituzione.
d.A.P.