La piccola scrivana salernitana, tesse le proprie lodi per aver vincolato la spesa del 40% al Sud anche sugli interventi messi a bando. In realtà certifica e consolida il divario di un terzo di questo maledetto paese.

Per la ministra Carfagna è diventata un’abitudine irrinunciabile scrivere lettere di autocompiacimento ai direttori di giornale. Sabato l’ha scritta al Corriere del Mezzogiorno proclamando l’approvazione di un emendamento al Decreto Semplificazioni, da lei voluto, che “incardina per legge il 40 per cento dei fondi del Piano di Ripresa, anche nella parte messa a bando, agli investimenti nel Mezzogiorno”.

E qualcuno potrebbe gridare al miracolo, alla conversione sulla via di Damasco, ma in realtà è l’ennesima presa in giro.

Innanzitutto una sorta di garanzia sugli interventi non territorializzati era auspicata anche dal Prof. Viesti nell’articolo pubblicato su Il Mattino che tanto urtò la suscettibilità ministeriale carfagnana. Al professore, dunque, definito un ragioniere, la piccola scrivana salernitana dovrebbe porgere le sue profonde scuse e cospargersi il capo di cenere. Anche perché la toppa ministeriale è peggio del buco, nel senso che ancora una volta, facendo a modo suo (?) la ministra ha dimostrato di essere una ministra per caso.

Non dovrebbe essere una legge, infatti, o peggio ancora un emendamento, a vincolare i fondi del Sud per il Sud, bensì il governo stesso dovrebbe garantirli con misure chiare su interventi precisi e localizzati individuati di concerto con le realtà locali. Quindi non attraverso dei bandi che, al contrario, certificano l’impossibilità delle amministrazioni meridionali di progettare e pianificare per mancanza di personale e/o competenze. Personale e competenze tenute lontane dalla pubblica amministrazione, tra l’altro, attraverso un criminale blocco del turn over che le ha drenate tutte al nord.

La brillante idea di garantire i fondi a bando attraverso “l’affiancamento delle amministrazioni inefficienti o ritardatarie esercitando i poteri sostitutivi [dello stato – ndr] già previsti” suona tanto come commissariamento dei comuni ed in generale degli enti pubblici meridionali (e di fatto vi si tradurrebbe) che patiscono le già elencate carenze, scambiate, o meglio spacciate, per inefficienze. E tutti sappiamo cosa significhi commissariare a Sud: perdere tempo e soldi. Lo stesso tempo e gli stessi soldi persi dal collega Brunetta attraverso il bando dei 2800 posti del quale nulla più si conosce se non che sia stato un flop colossale a causa di condizioni di lavoro e contrattuali che neanche un novellino avrebbe accettato. Altre vie erano di certo percorribili come ad esempio sbloccare il turn over e dare alle regioni e ai comuni un modello di concorso nazionale e semplificato (diciamo emergenziale) al fine di reperire le risorse necessarie. Tuttavia non è questa la sede dove affrontare il discorso.

Resta, per ora, il fatto che se il 40% del Pnrr già si configurava come l’ennesima presa in giro alla gente del Sud, l’emendamento carfagnano certifica il divario del paese e la volontà politica di non porvi rimedio se non con misure che ne consolidino la forbice, senza allargarla ulteriormente, rendendolo così patologico. È tutta qui, dunque, la rilevante innovazione, della quale blatera la ministra che oltretutto ha la faccia tosta di scrivere di lavorarci da maggio (subito dopo la presentazione del Pnrr) nella piena consapevolezza del fatto che il rischio di distrazione delle risorse fosse concreto, sconfessando al contempo, per intero e in un sol colpo, la sua strenua quanto vana difesa del Pnrr all’indomani dell’articolo di Viesti. Perché lavorarci da maggio, quando si poteva inserire ad aprile? Tutto questo la Carfagna non lo sa.

Eppure nel “voler cambiare questa consuetudine per difendere i diritti dei cittadini meridionali”, la ministra semplicemente non si accorge che una simile affermazione certifica l’iniquo trattamento a loro riservato da almeno 30 anni e cioè da quando lei stessa ha iniziato a far parte di quei governi che quella consuetudine hanno trasformato in una ragione politica attraverso la diffusione di una cultura razzista antimeridionale che la Carfagna ha il “bon ton” di definire semplice scettiscismo.

Ma il pathos dell’elaborato ministeriale lo si raggiunge quando si legge che “Per la prima volta sta affermandosi, nel governo e tra i partiti, compresi quelli più ancorati al Nord, un pensiero nuovo: se non facciamo crescere il Sud, non crescerà nessuno”. Possibile che debba spiegare tutto io alla ministra? Fin dove arriva la sua (in)consapevole cecità? Per la prima volta in questo maledetto paese i partiti razzisti del nord si sono accorti che affamando il Sud, affamano loro stessi e i loro elettori. Ecco perché la strategia pianificata sulla distribuzione del Pnrr deve essere ben studiata; ecco perché al Sud va il 40%! Il progetto ha come unico scopo, infatti, quello di rimettere in moto la locomotiva decrepita tosco padana, ferma al palo da 20 anni, attraverso il conferimento di risorse al Sud nella quantità sufficiente a far rialzare quel tanto che basta la sua economia, i suoi consumi e il mercato interno, per riportarlo a ricoprire di nuovo il suo ruolo di bancomat del nord attraverso una parvenza di benessere che gli lascia l’osso da mordere, mentre il resto del paese riprende a mangiare arrosto di filetto.

Nelle intenzioni dei partiti di cui parla la ministra, la ripresa del Sud non è assolutamente finalizzata alla ripresa dell’intero paese, bensì sempre e solo ad una sua parte ben precisa: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e parte della Toscana. Non si spiega diversamente, ad esempio, la penuria di investimenti per il più grande porto del meridione, Gioia Tauro, insieme ai porti di Taranto, Napoli, Salerno e quelli siciliani. 1,2 miliardi del Pnrr contro il miliardo stanziato solo l’anno scorso per l’interporto di Genova e La Spezia…e senza considerare i 20 miliardi e passa degli anni precedenti così come i 6 miliardi del Pnrr per il terzo valico. E il Ponte signora ministra? Non chiedeteglielo perché vi risponderebbe che il Sud non è in grado di gestire tutti quei fondi per la sua realizzazione!

Ecco, sarebbe questa, per la piccola scrivana, l’evoluzione culturale italiana che dovrebbe dispiacere a noi altri “maestrini del disfattismo meridionalista, per i quali servirebbe sempre «ben altro», ma di sicuro rappresenta un obiettivo concreto per chi ama davvero il Sud”.

Ovviamente non poteva mancare la frecciatina di ripicca da parte della ministra, ma se mi permette, onorevole Carfagna, le dico io cosa dispiace a noi altri meridionalisti tacciati di disfattismo e benaltrismo, ma che di sicuro amiamo il Sud più di quanto lo ami lei. Dispiace che lei si faccia costantemente e/o all’occorrenza “istruire” dai suoi maestrini di partito per i quali vale invece il “qualcosismo” ovvero il donare con “spirito magnanimo e caritatevole” qualcosa anche al Sud esclusivamente in funzione del benessere del nord.

Dispiace anche che lei vada nelle chiese di Caivano a dire ai giovani di studiare perché quello che leggono sui social sono solo bugie. Le ricordo che è stata lei per prima a scriverne sui social, suggerite dai suoi maestrini di partito, nel tentativo di orientare il voto proprio le coscienze dei giovani meridionali le quali però si sono dimostrate e si dimostrano molto più critiche di lei nei confronti di un governo di tecnocrati arrivisti. Lei predica dal piedistallo e dice ai giovani di studiare, ma si ricordi che i suoi maestrini la terranno sempre un gradino più in basso di loro…ma a lei, in fondo, sta bene così perché lei è sì meridionale, ma ha scelto di servire il nord ed è quella la condizione che le spetta.

d.A.P.

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