Il ministro pugliese dà il meglio di sé con il decreto Sud: progetti Pnrr finanziati con il FSC dalla cui gestione vengono esautorate le Regioni che rischiano anche il definanziamento.
di Paolo Nino Catileri
Non c’è che dire, Fitto è il maestro del gioco delle tre carte. Prima taglia dal Pnrr 16.5 mld di progetti, per la gran parte al Sud, per finanziare i colossi energetici del nord (che però l’energia la prendono a Sud); poi promette che i soldi si troveranno nella programmazione dei fondi ordinari e infine li prende dal Fondo di Sviluppo e Coesione (già soldi del Sud, ma che nulla avrebbero a che fare con il Pnrr).
Insomma un colpo da maestro per Lega Nord ed accoliti, il colpo di grazia per il Sud!
Infatti, non contento dei 16 mld sottratti dal Pnrr, con il decreto Sud e l’istituzione della ZES unica il ministro per la questione settentrionale pone in capo al suo ministero la gestione dei Fondi di Sviluppo e Coesione esautorandone di fatto le Regioni. Queste ultime, quindi, (in particolare Puglia e Campania) non avranno a disposizione il tesoretto su cui contavano per il completamento della programmazione, sulla base di un meccanismo ormai consolidato.
Dai circa 80 mld del FSC verranno sottratte le risorse che gli altri ministeri avevano destinato al Sud nel Pnrr (ad esempio quelli del Viminale, eliminati dal Pnrr perché ritenuti non coerenti con le disposizioni europee) e con quel che resta saranno individuate le somme «eventualmente destinate alle regioni» su cui il ministero per la questione settentrionale (quello di Fitto, appunto) e i governatori, dovranno definire l’«accordo con la coesione» per concordare «la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento».
E qui casca l’asino, perché «il concorso di più fonti di finanziamento» lascia inevitabilmente presagire che il FSC non sarà sufficiente.
Una manovra, quella di Fitto, che si traduce in meno trasferimenti per il Mezzogiorno, che dovrebbe sommare il 40% dei fondi del Pnrr alla provvista legata al FSC.
Un governo di ladri che ruba risorse dai fondi che sono stati utilizzati fino a ieri per progetti di inclusione sociale, lotta alle povertà, politiche attive del lavoro, riqualificazione risorse umane, social housing, tutela dell’ambiente, gestione risorse idriche ed efficientamento energetico.
Ovviamente tutta la manovra ha una motivazione: dal monitoraggio della spesa dei fondi di coesione della precedente programmazione 2014-2020, emerge un livello di utilizzo molto basso (il 34% in nove anni).
Tuttavia, anche il 34% ha le sue ovvie motivazioni: sottodimensionamento del personale degli enti pubblici e locali, ventennale blocco delle assunzioni, scarse competenze degli ormai pensionandi impiegati.
E come nella migliore tradizione della destra leghista e nordista, Fitto fiuta l’affare per il nord e anziché eliminare le cause dello scarso utilizzo, pone in capo al suo ministero la gestione dei fondi, che saranno erogati, come detto, previa stipula di accordi di programma con le singole Regioni del Sud. Accordi nei quali dovranno essere specificati i progetti e illustrati i cronoprogrammi per realizzarli; alla faccia della semplificazione!
Le Regioni, dunque, non potranno continuare a gestire il FSC in piena autonomia, quella che viene invece concessa a Veneto, Emilia Romagna e Lombardia le quali, grazie a Fitto, beneficeranno certamente nel prossimo futuro dei residui non utilizzati a Sud del FSC; perché loro “sanno spendere bene” i soldi degli altri.
E se non ci credete, è scritto nero su bianco nel decreto: i fondi Fsc sono nella titolarità del ministero, che intende esercitare appieno i suoi poteri di vigilanza e coordinamento. Chi non rispetta i tempi rischia il definanziamento, meccanismo supportato da un fondo di rotazione alimentato dalle assegnazioni di bilancio che permetterà in ogni momento al ministero di “dirottare le risorse su altri interventi la cui realizzazione presenti carattere di urgenza”.
E cosa c’è di più urgente per Fitto, ministro del Sud (?), se non risolvere la questione settentrionale?