Il 10 ottobre scorso ho pubblicato l’articolo dal titolo “Professore, la carta costa!”, dove rispondevo all’articolo dello stesso giorno su “Il Mattino” del professor Massimo Adinolfi. Tuttavia, istintivamente, ho scambiato il Massimo (professore associato all’Università di Cassino – dip. Scienze Umane, Sociali e della Salute) per il più noto Mario (giornalista, politico, giocatore di poker e blogger), attribuendo al primo un’affermazione che non ha mai scritto. Ho rimosso, quindi, dall’articolo la parte incriminata e chiedo scusa al prof. Massimo Adinolfi per averlo confuso con Mario: “Mea maxima culpa”.
Tuttavia non ritratto nulla del resto dell’articolo. Così come non ritratto e anzi aggiungo qui di seguito le considerazioni fatte su Mario Adinolfi rispetto all’affermazione che ha pubblicato sul suo blog 4 anni fa in merito alla terra dei fuochi: “Si sono fatti devastare tacendo dalla camorra che ha interrato per anni rifiuti tossici, ora fanno le manifestazioni. Che popolo di merda”.
Precisando che alla fine andava almeno un esclamativo, mi piacerebbe chiedere a Mario Adinolfi con quale diritto ci definisce un popolo di merda e quale epiteto oxfordiano egli possa rivendicare per definire sé stesso (oltre ad essere un democristiano pentito e frustrato che ha usato il partito per fare carriera). Una simile affermazione nei confronti del popolo meridionale, è inammissibile e ascrivibile al più bieco dei razzismi. Eppure lei è stato in Parlamento, caro Mario, ha fatto politica e certe cose, rispetto alla terra dei fuochi e alla camorra, se non altro per onestà intellettuale dovrebbe (e sottolineo il condizionale considerando il caso umano) saperle o per lo meno intuirle!
Se il popolo del meridione ha saputo, nel caso specifico a Napoli, affrontare l’emergenza rifiuti e combatterla (vincendo la battaglia grazie a quella parte sana delle istituzioni) manifestando (che l’arma del popolo, al giorno d’oggi, restano esclusivamente le manifestazioni) contro la corruzione politica che attraverso le infiltrazioni camorristiche nelle istituzioni (la parte corrotta) ha ucciso buona parte del sottosuolo, mi chiedo cosa faccia lei (almeno per sensibilizzare l’opinione pubblica) che ancora nel 2017 cammina nella mondezza romana e alle porte della città eterna ha discariche che traboccano di rifiuti e non ha il coraggio (dal suo pulpito pontificio) di scendere in piazza per denunciare la corruzione che da 20 anni a questa parte Roma ha insita nel suo dna.
Se le avanzassero 5 minuti, caro Mario, si legga questo articolo su “Il Borbonico” e capirà dov’è la terra dei fuochi; e se ancora avesse 5 minuti, caro Mario , vada a vedere nelle campagne del basso Lazio se ci sono o meno rifiuti tossici sotterrati!).
Eh già! Massimo non è Mario!
d.A.P.