Il titolo de “Il Roma” del 7 gennaio 2018

Bisognerebbe seriamente trovare un modo per mettere a tacere i personaggi megalomani e frustrati (e ce ne sono tanti) che scrivono su certa stampa del livello di Libero. Non si capisce davvero come mai da Roma in su sia lecito lo sberleffo giornalistico/satireggiante nei confronti di Napoli, mentre da qui non ne possa partire alcuno nei confronti di Torino & Co. E mi riferisco, per chi non l’avesse capito, al titolo de “Il Roma” del 7 gennaio scorso. Quindi tirando le somme “Napoli salutame a soreta” , mentre “E’ fuga con la Rubentus” no! Dov’è la differenza? Ve la dico io: la differenza sta nel fatto che mentre la SSC Napoli, da vera signora, ha deciso di soprassedere nei confronti di Feltri e del suo giornale per aver utilizzato una frase ingiuriosa, dimostrandone la pochezza intellettuale, la Juventus FC ha minacciato querele e pesanti azioni legali nei confronti di Sasso (direttore de il “Roma”); la qual cosa, per una piccola realtà editoriale, significherebbe chiusura. Tant’è che poche ore dopo il direttore già si scusava: «Si è trattato solo di una forma di satira, essendo un giornale che parla ai tifosi del Napoli. Chiedo personalmente scusa per l’errore che ho commesso ma era solo una provocazione, ci siamo lasciati trascinare dal tifo». Feltri invece, dall’alto della sua idiozia, rincarò la dose. La differenza amici miei sta tutta qui: il potere! La satira feltriana è patrimonio italiano, quella sassiana no. Ma la cosa più preoccupante è che c’è chi si ostina a considerare la Rubentus una squadra come tutte le altre.

Il titolo de “Il Roma” del 9 gennaio 2018

Sempre su “Il Roma” la questione la spiega bene Pasquale Mastrangelo, che pur non approvando la scelta editoriale, che giudica infantile, scrive: “A mio avviso, l’errore più marchiano che da decenni viene commesso in Italia, è quello di considerare la Juventus, una società ed una squadra di calcio “tout court”, a somiglianza delle altre, dimenticando che essa non è che una sezione, un reparto, una divisione aziendale del complesso, intrigato mondo a “scatole cinesi” della Fiat, oggi Fca, di cui ne condivide le fortune e le “scarse” sconfitte sin dal 1923. E allora come considerare con sano senso di competitività quella che è soltanto la “longa manus” calcistica di un’industria che in più di 90 anni ha condizionato il panorama politico, economico ed istituzionale d’Italia, manovrando abilmente, e non sempre alla luce del sole, dai Giolitti e Vittorio Emanuele Orlando, alla camicia nera col Duce e i suoi gerarchi da operetta, fino ai governi succedutisi nella Repubblica: ogni aspetto, ogni segreteria di partito ed ogni impresa che potesse connaturare il “cosiddetto” boom economico e produrre ricchezza vergognosa venivano programmati e pattuiti fra Mirafiori e Roma”. E ancora: “Come si può contrastare chi ha fra i primi accoliti e tifosi, migliaia di dipendenti, provenienti da un Meridione […] a cui veniva offerta una parvenza di agiatezza e lavoro, in cambio del nulla o del poco già depredato da secoli di ingiustizie e povertà? La Fiat, così, tramite una bandiera bianconera – il bianco dell’appiattimento cerebrale ed il nero della fuliggine aziendale – offre una rivalsa sportiva a questi eterni perdenti, attua il vero e proprio “miracolo” sociale italiano, trasformando i colori di una squadra dilettante di un gruppo di studenti liberali e molto poco monarchici, in una sezione sportiva della fabbrica di una famiglia monarchica e capitalista, ma senza nobiltà”.

Tutto chiaro no? Anche a lei Cruciani? Come confuterebbe queste argomentazioni? Per chi non lo sapesse, infatti, la vera operetta conclusiva di tutta la vicenda l’ha messa in scena il “giornalista” (Eh? Chi?) Giuseppe Cruciani dalle colonne (indovinate un po’) di Libero. “Napoli piagne, ma è stata fottuta”, titolo che fa sicuramente riferimento al detto “Chiagne e fotte” tradotto nel romanesco di Sor Cruciani, è la trasposizione scritta di quanti pochi argomenti nella testa abbia il nostro, quando si trovi a parlare dei napoletani o con i napoletani. La solita zolfa: piagnisteo, i poteri forti, gli Agnelli etc. etc. Non c’è altro. Ma le ragioni di tali convinzioni le forniscono prima i fatti (il mani in area di Bernardeschi non sanzionato) e poi Mastrangelo. Sicuramente Cruciani, per non rendersene conto, vive in un mondo tutto suo, fatto di puttane (visto che nessuno gliela dà gratis) e Confindustria, dove cervello, osservazione e ragionamento sono parole senza senso. Il che spiegherebbe il motivo di tanta frustrazione e megalomania: basta ascoltare la sua trasmissione radiofonica. Ascolti me Cruciani, invece: si ritiri su un colle laziale a fare il pecoraio oppure aiuti gli spazzini di Roma (sua città natale) a ripulirne le strade dalla monnezza. In questo riuscirebbe ad essere il primo.

Tuttavia lo stereotipo Cruciani lo descrive certamente meglio di me Mastrangelo: “Giusto per chiarire a qualche giornalista disattento, la tecnica del “chiagne e fotte” è stata sempre praticata da quelle parti [Fiat – ndr], quando i guai e le perdite subìte per colpa di inetti amministratori, venivano catapultati sui governi dell’epoca, per chiedere l’intervento di contributi eccezionali minacciando di gettare sul lastrico migliaia di famiglie! Resta la canèa canagliesca e prezzolata di coloro, che in un mestiere antesignano di libertà d’idee [il giornalista – ndr], di pensiero e di parola, hanno resuscitato all’improvviso, i valori del codice deontologico professionale. Quegli stessi che si battono il petto come questuanti quando vanno a mendicare “il pane” fra Torino, Milano, Roma e Arcore, per autoreferenziarsi in talkshow sportivi o altro, o che riescono a mantenere l’audience, col grugno lascivo di fantozziana memoria, soltanto esibendo dibattiti trash, generose scollature e spacchi di “ex” di tutto e di tutti”. Trovate descrizione migliore per Cruciani & Co.?

In conclusione il nostro, dovrebbe riflettere su un fatto che egli stesso sostiene nel suo ultimo capolavoro su Libero: come mai contro il “Salutame a soreta”  hanno preso la parola scrittori e filosofi, mentre in favore hanno scritto soltanto lui e Feltri? Forse che la cultura non abiti da Roma in su? La cosa che le riesce meglio, caro Cruciani, è creare caciara; qualsiasi dibattito che si elevi da un livello -1 a 0 è totalmente estraneo alla natura del suo neurone errante! La caciara è il suo ambiente ideale: basta leggere le idiozie che scrive sul giornale più idiota d’Italia per capirlo.

d.A.P.

 

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