Il Partito Democratico, non vuole responsabilità! Non ne vuole perché forse non ne ha mai realmente avute, o forse perché quando le ha accettate le ha gestite male, o semplicemente per il fatto che nella cultura politica di questo partito non esiste la collaborazione e l’interazione tra forze politiche di governo, ma solo ed esclusivamente il governo assoluto (che di democratico ha ben poco) dimostrato dai provvedimenti presi a colpi di maggioranza parlamentare da Renzi prima e Gentiloni poi. In breve la democrazia esiste solo all’interno del PD e tutto il resto non è democrazia.
Da ieri si vocifera sulle dichiarazioni di Di Maio al Corriere della Sera nelle quali avrebbe omesso di elencare, tra i punti del programma di governo, il reddito di cittadinanza. Tale omissione sarebbe, nelle intenzioni di certa stampa schierata (ovvero tutta la stampa italiana), un assist alla Lega di Salvini per la formazione di un governo Lega-M5S, anche alla luce delle elezioni della Casellati al Senato e di Fico alla Camera.
Ecco appunto, partiamo da qui. Al PD non è proprio andata giù di non aver visto assegnatasi una delle due camere. Tant’è che in nome della sua proverbiale coerenza, i voti pddini sono andati tutti ai loro candidati. Tuttavia quello che l’orgoglio ferito del PD fa dimenticare ai suoi deputati e senatori, è che loro stessi la medesima sera del 4 marzo si sono chiamati fuori da qualsiasi dialogo o prova di dialogo con le forze vincitrici delle elezioni. Forze vincitrici che sono state decretate da una legge elettorale che loro stessi, quelli del PD, hanno provveduto ad approvare. Allora dov’è l’inciucio? Semplicemente non esiste. Le camere sono andate alla coalizione e al partito che hanno vinto le elezioni come nella migliore tradizione democratica (andate a vedere cosa fece il PD molto democraticamente nel 2013). Del resto in Parlamento, prima, seconda o terza repubblica, si sa che i giochi di spartizione restano! Ciò che realmente conta è la formazione del governo e il programma elettorale. Ed è qui che la responsabilità entra in gioco. Un partito, che resta comunque la seconda forza politica italiana, che afferma (con la spocchia e l’arroganza di chi non sa perdere e anzi si ritiene addirittura superiore alla sconfitta stessa in virtù di non so quale principio divino o divinatorio) attraverso Maurizio Martina (ovvero Renzi) che ora tocca a chi ha vinto le elezioni governare, sa bene che questa affermazione è falsa, e che al suo interno c’è tutto il solito gioco dei vecchi politicantes che di fronte a due forze equivalenti, ma contrarie, si tirano fuori dai giochi di governo consapevoli che insieme, quelle due forze, non potranno mai governare. Così quando l’ingovernabilità sarà palese e il presidente della repubblica chiederà una dimostrazione di responsabilità alle forze di minoranza, il PD entrerà in gioco “nell’interesse del paese” dettando le condizioni alla maggioranza: si fa la finanziaria come diciamo noi, il tuo programma lo butti nel gabinetto e tiri la catena, si fa la nuova legge elettorale, si vota appena possibile nel 2019, e se non fai così ti assumi tu la responsabilità di dire al paese che dovrà andare di nuovo al voto in tempi brevi, con una legge elettorale che garantisce l’ingovernabilità e senza una manovra finanziaria approvata. Welcome back First Republic! Il PD come vedete non ha nulla da invidiare alla vecchia DC.
E se non ci credete andatevi a rivedere su RAI PLAY (dovete prima registrarvi) il programma dell’Annunziata “½ in più” andato in onda ieri su Rai 3. Il leitmotiv di Martina, ospite in studio, è stato “tocca a loro dire al paese come intendono governare”. Roba da ridere. La povera Annunziata, che ha rigirato la stessa domanda in tutte le salse possibili, alla fine ha dovuto cedere all’omertà martiniana. E non perché Martina sia una persona coerente, ma semplicemente perché è una persona senza argomenti; come l’intero PD.
Le istruzioni di Renzi sono state: tu non ti sbilanciare in previsioni, noi abbiamo perso e tocca a loro farci vedere cosa sono capaci di fare. La suscettibilità, la permalosità e il pregiudizio renziani, come vedete, ormai sono il carattere dominante di tutti i pddini. Tant’è che come ultima ancora di salvezza, di fronte all’incalzante giornalista, Martina tira in ballo i ragazzi del Sud, senza lavoro e senza prospettive, come punti di ripartenza del PD. Chissà perché quando le cose politicamente vanno male, ogni partito vuole ripartire dal Sud! Ma noi mica abbiamo scritto in fronte “giocondi”?
Infatti quando la Annunziata obietta a Martina che proprio quei ragazzi hanno dato la loro preferenza al M5S, lui ha ribadito che proprio per questo vuole ripartire da loro, non comprendendo, perché prevarica le capacità mentali di qualsiasi esponente PD, che, se vuole riguadagnare consensi tra quei ragazzi, deve dare prova che la prima, seconda o terza repubblica che dir si voglia sono giunte alla fine e che in Italia si parla d’altro! Si parla di governare su punti programmatici in comune, si parla di interesse nazionale e quindi soprattutto di interesse del Mezzogiorno come punto di ripartenza per valorizzare e risanare l’intera economia italiana, piantandola di considerarci come i soliti sfigati. Tant’è che a coloro come Martina che non hanno letto nelle dichiarazioni di Di Maio il famoso reddito di cittadinanza è sfuggito un particolare: ovvero che Di Maio il reddito di cittadinanza l’ha citato eccome! E il loro pregiudizio è talmente radicato e miope da non accorgersi della prova di maturità politica offerta, all’interno di affermazioni che aprono da una parte alla Lega e dall’altra soprattutto al PD e che fanno prevalere la palese necessità che l’Italia ha di essere governata e governata bene. Il leader del M5S, se leggete l’intervista, al di là delle frasi di circostanza, sostiene che le priorità di governo saranno il taglio delle tasse, il superamento della legge Fornero, il welfare della famiglia e il sostegno alla disoccupazione giovanile. Mi sa dire Martina se questo è un programma di destra o di sinistra? No, non può dirlo perché questo è un programma che è dettato dalle priorità italiane e non è etichettabile; ragion per cui chi intravede delle possibilità di lavoro al suo interno è il benvenuto! Questo è quello che dice il M5S; e così si intravede un braccio teso alla Lega quando si parla di taglio alle tasse e legge Fornero, e uno teso al PD quando si parla di famiglia e sostegno alla disoccupazione (che per chi non lo avesse capito è il reddito di cittadinanza, con un nuovo nome: altrimenti avrebbero continuato a dire che il M5S vuole favorire i fannulloni meridionali).
Ora mi dica Martina, o chi per lui, cosa c’è di tanto incondivisibile in questi quattro punti. Se il PD ha intenzione di ricostruirsi, deve abbandonare i vecchi pregiudizi ideologici e cominciare a sporcarsi di nuovo le mani insieme a chi di nuovo può insegnarglielo a fare. Se vuole recuperare il suo elettorato, deve andarselo a riprendere dove lo ha perso, dimostrando di non aver paura delle contingenze politiche e dimostrando umiltà nel voler imparare di nuovo a stare sul territorio ascoltando la gente. Questo è il metodo.
L’unica responsabilità che si chiede al PD, se vorrà prendersela, è quella di abbandonare la vecchia strada (il suo orgoglio), le vecchie ideologie (il suo pregiudizio) per una prospettiva migliore e nell’interesse comune.
Il M5S, infatti, è pronto a governare con chi vorrà farlo (Lega inclusa e senza scandalo per gli elettori), senza remore o distinzioni, sulla base di convergenze programmatiche, che a mio modesto avviso si trovano più vicine al PD che al centro destra. Ma se il PD risponde assente, si farà di necessità virtù!
d.A.P.