Nel processo di indipendenza irlandese Michael Collins fu il pioniere del trattato anglo-irlandese del 1921 siglato a Londra che mise fine alla guerra di indipendenza condotta dai patrioti dell’IRA e costituì lo Stato Libero d’Irlanda; Eamonn de Valera, che di Collins con molta probabilità fu il mandante dell’assassinio, fu colui che perfezionò la totale indipendenza dell’isola dall’impero britannico e la trasformò in repubblica (in entrambi i casi con l’esclusione dell’Ulster).

Se, tuttavia, l’indipendenza irlandese fu un processo lungo e costò molte vittime sia prima che dopo (la questione nord-irlandese, infatti, per quanto sopita, non è ancora stata risolta), l’autonomia del Sud Italia sembra aver preso una direzione significativa lo scorso 10 aprile, naturalmente in modo pacifico.

Martedì scorso, infatti, al caffè Gambrinus di Napoli è stato presentato il comitato referendario per il Mezzogiorno d’Italia (la notizia è stata riportata, tra gli altri, da “Il Mattino” di Napoli) che vede tra i suoi promotori e fondatori l’élite dei movimenti meridionalisti come Insorgenza Civile, Federazione dei Movimenti di base, il Movimento civico Primavera Irpinia insieme a giornalisti, imprenditori e terzo settore.

L’obiettivo è quello di raccogliere 500 mila firme entro l’estate e indire, quindi, il referendum per l’istituzione di una Macroregione Autonoma del Sud, di un’agenzia per gli Investimenti nel Mezzogiorno e di un’unica Zona Economica Speciale per tutto il Sud Italia. Si parte dallo stesso articolo 116 della Costituzione protagonista del referendum Lombardo-Veneto affiancato dal più importante 117 che permette una cooperazione rafforzata tra regioni. “È chiaro, spiega Alessandro Sansoni presidente del comitato, che il Sud ha una storia diversa e problematiche diverse, quindi, per noi, l’autonomia ha senso solo in una logica macro-regionale (per la cronaca: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia , Calabria e Sicilia). La rabbia del Sud che si è scatenata con il voto ai cinque stelle il 4 marzo, non è, come crede qualcuno, un tentativo di vedere una nuova politica assistenziale, nella logica del reddito di cittadinanza, ma rappresenta la voglia di farsi ascoltare dei cittadini meridionali, laddove nei partiti tradizionali non si trovano interlocutori credibili”.

Inoltre “i padri fondatori” si ripropongono di accelerare la ripresa nel Meridione soprattutto attraverso la rinegoziazione dello status del Mezzogiorno nell’Unione Europea, nell’ambito della prossima programmazione 2021-2027. Il comitato, infatti, cogliendo appieno la realtà politico-economica del Sud, lamenta come i fondi europei per il Mezzogiorno diventino una scusa per non affrontare le inefficienze amministrative, ma soprattutto la sostanziale mancanza di risorse ordinarie da affiancarvi. In soldoni noi andiamo avanti grazie ai fondi europei, perché dal governo centrale ci arriva poco o niente (questione sottolineata a più riprese su “Il Borbonico”). Per i movimenti meridionalisti promotori , la classe politica e dirigente meridionale non ha mai reagito a questo stato di fatto e le rivendicazioni del Nord hanno continuato e continuano a dettare le destinazioni delle risorse interne.

Ma allora, mi chiedo, perché Caldoro e Quagliariello, signori miei, tra i promotori? Sentire Caldoro affermare che quella dell’autonomia del Sud è una battaglia che lui conduce da tanti anni è un insulto all’intelligenza! “Il Sud ha bisogno di una grande regione forte che non significa togliere tradizione al piccolo ma governare i grandi processi di cambiamento in un sistema macro –  ha spiegato Caldoro – da ex presidente della regione ho capito che da soli non ce la possiamo fare: troppi enti, troppe strutture e troppe poltrone. I cittadini del Sud hanno bisogno di un punto di riferimento forte. Una macroregione che li renda più forti rispetto a tante ingiustizie che ricevono. Bisogna difendere i loro diritti, a partire dalla sanità, dal trasporto pubblico locale e dall’ ambiente. Oggi è tutto al Nord e niente al Sud, dobbiamo unirci per vincere questa battaglia insieme. Un vero federalismo rende un cittadino calabrese uguale a uno milanese”.

Ma Caldoro cosa ha fatto nei cinque anni che ha governato la Campania? Adesso si ricorda di essere un uomo del Sud? E vogliamo parlare (meglio di no) di Quagliariello? Entrambi sono gli emblemi della peggiore politica affaristica campana e adesso salgono sul carrozzone autonomista per rimettersi in gioco e tentare di nuovo la fortuna, proclamandosi paladini del Sud al fine di riportare voti al centro destra. Amici meridionalisti, non sono loro gli interlocutori credibili! Mi verrebbe da dire “Attenti a quei due!”, con tutto il rispetto per Tony Curtis e Roger Moore!

Quella che sta andando in scena è semplicemente la strumentalizzazione del voto meridionale del 4 marzo. Domandatevi cosa hanno fatto centrodestra e centrosinistra per il Sud in questi ultimi 20 anni. Prima Berlusconi attingeva ai Fondi per le Aree Svantaggiate (FAS) per recuperare risorse da destinare al Nord, mentre Salvini accusava i meridionali di parassitismo; poi, in rapida successione, Monti che, sprezzante della crisi che colpiva maggiormente la nostra terra, infieriva con la sua politica merkeliana del rigore; Letta che definì la Campania “La palla al piede d’Italia” e dulcis in fundo Renzi che, oltre a salvare le proprie banche con soldi pubblici, nulla ha fatto per riequilibrare la spesa ordinaria, gettando fumo negli occhi del meridione con un ministero ad hoc ed un Masteplan basato esclusivamente su risorse europee già destinate al Sud.

Già…la spesa ordinaria. Sembra proprio che nessuno ne voglia parlare. Infatti è facile proclamare un federalismo vero che renda uguali calabresi e milanesi, ma per farlo non si passa dalla sanità, dai trasporti pubblici o dall’ambiente, come afferma Caldoro, senza avere risorse per rilanciarle. L’unico reale diritto dei meridionali da difendere, per poi affrontare seriamente ciò che l’ex governatore della Campania suggerisce, è quello di una redistribuzione equa delle risorse interne, programmata sulla popolazione reale. Soltanto in questo modo si eviterebbero, ad esempio, ingiustizie sociali come quella dell’assegnazione del 74% del Fondo per il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai 6 anni al Nord, sulla base di statistiche demografiche del 2010.

Pasquale Tridico del M5S ha proposto che alle regioni meridionali venga assegnato il 34,34% dei fondi pubblici, ovvero la quota equivalente alla popolazione. Oggi il Sud, infatti, ne riceve il 20% e sopperisce alla differenza con i fondi europei bloccati dalla burocrazia; e a dirlo non sono io, ma professori del calibro di Viesti e Conte oltre a  Svimez. Alla proposta di Tridico, il PD, che ormai non va oltre la punta del suo naso, ha risposto per bocca del suo neodeputato Marattin di aver destinato al Sud anche di più (41,9%) omettendo però che il “di più” era il risultato della somma tra fondi ordinari ed europei. E se, come diceva il Principe de Curtis, è la somma che fa il totale, al Nord, aggiungendo le risorse europee, arriviamo a sfiorare il 150%. Ora mi domando: di fronte a un centrodestra che sposa la causa meridionalista per mero opportunismo ed un Pd ripiegato su sé stesso incapace di comprendere la realtà sociale italiana e del meridione, qual è l’alternativa?

Esclusivamente un governo che sovverta i parametri di giudizio! L’Ansa, questa mattina, riportava i dati Istat sulle famiglie senza lavoro nel 2016: 1 milione e 70 mila in tutto, delle quali 600 mila al Sud, che vede crescere questo sconfortante dato del 2,2% nel 2016 rispetto al 2015, in controtendenza rispetto a quello nazionale che scende dell’1,4%. Trattasi di casi nei quali tutti i componenti attivi sono disoccupati e se reddito c’è arriva da rendite o pensioni, per non parlare del nero. Secondo voi il famigerato reddito di cittadinanza non farebbe emergere questi casi dal nero? E non sarebbe un metodo efficace per realizzare chi realmente sia un fannullone e chi no? E invece centrodestra e centrosinistra fanno demagogia sociale per il puro e masochistico gusto di fare campagna elettorale contro i pentastellati.

L’Irlanda indipendente negli anni ’80 e ’90 conobbe una fase economica eccezionale che le valse l’appellativo di tigre celtica e che vide una crescita media annua del Pil del 3,5%, o giù di lì, grazie ad una classe politica lungimirante erede di quella che l’aveva resa indipendente. Se questo sarà anche il destino del Sud allora ben venga il referendum per la sua autonomia, ma su basi programmatiche chiare ed efficaci che non siano propaganda elettorale per Caldoro e Quagliariello: loro certamente non sono Collins e de Valera.

d.A.P.

Fonti:

  • Il Mattino di Napoli – 11/04/2018
  • Agenzia DIRE – www.dire.it
  • www.linkiesta.it – Alessio Postiglione: “Ci risiamo: il Pd continua a pensare che il problema Sud non esista (e si condanna a perdere di nuovo)”
  • www.ansa.it

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